BBC India, 22 Luglio 2020

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Ho sentito per la prima volta parlare di Churchill quando ero bambino. Un personaggio di un libro di Enid Blyton, che stavo leggendo, tenne un’immagine di Churchill sul caminetto di casa sua, perché “possedeva una fortissima ammirazione per questo grande statista”.
Durante la mia crescita, e dopo molte conversazioni circa il passato coloniale dell’India, notai che la maggior parte delle persone del mio Paese avevano idee nettamente diverse del primo ministro britannico durante la guerra.
C’erano opinioni contrastanti anche sul dominio coloniale.
Alcuni sostengono che gli inglesi abbiano fatto ottime cose per l’India, come la costruzione delle ferrovie e la creazione di un sistema postale. “Hanno fatto quelle cose per il loro tornaconto personale, e depredato l’India lasciandola nella povertà” sarebbe la risposta inevitabile a queste argomentazioni. Mia nonna parlava sempre appassionatamente di come loro partecipavano alle proteste contro quei “crudeli inglesi”.
Ma nonostante questa rabbia, ogni cosa occidentale, ogni cosa fatta o detta da persone dalla pelle bianca, veniva vista come superiore nell’India in cui sono cresciuto. L’autostima delle persone venne erosa da decenni di dominio coloniale.
A settantatré anni dall’indipendenza, molto è cambiato. Una nuova generazione di Indiani, più sicuri di sé circa il loro posto del mondo, si domandano perché non ci sia più una conoscenza diffusa e una condanna dei tanti periodi bui della nostra storia coloniale, come la carestia bengalese del 1943.

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Almeno tre milioni di persone sono morte di fame. Sono sei volte più delle vittime dell’Impero Britannico durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma nonostante le vittorie e le perdite siano commemorate ogni anno, il disastro che si è verificato, nello stesso periodo, nel Bangladesh dominato dagli inglesi, è stato in gran parte dimenticato.
Testimoni hanno raccontato di come i corpi giacevano nei campi e vicino ai fiumi, e che venivano mangiati da cani e avvoltoi perché nessuno aveva la forza di eseguire gli ultimi riti funebri per così tante persone.
Coloro che non sono morti nei villaggi vagavano verso paesi e città in cerca di cibo.

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“Tutti sembravano uno scheletro con solo la pelle come rivestimento”, dice l’attore veterano Soumitra Chatterjee, che aveva otto anni quando la fame colpì il Paese.
“Le persone piangevano pietosamente, bramando il liquidi che fuoriusciva dal riso, perché sapevano che nessuno aveva del riso da dargli. E chiunque abbia mai sentito quei pianti non li dimenticherà mai nella vita. I miei occhi lacrimano ancora oggi quando ne parlo. Non riesco a controllare le emozioni”, mi ha detto.
Un ciclone e un’alluvione colpirono il Bangladesh nel 1942, dando luogo alla carestia. Ma le politiche di Winston Churchill e del suo gabinetto vengono accusate di aver aggravato ancora di più la situazione.
Yasmin Khan, uno storico dell’Università di Oxford, descrive la “politica negazionista” che fu applicata per la paura di un’invasione giapponese dal Myanmar.
“L’idea era che le cose sarebbero state rase al suolo, comprese le colture, ma anche le barche che potevano essere utilizzate per il trasporto del raccolto. E così che quando sarebbero arrivati i giapponesi non avrebbero avuto le risorse per poter espandere la loro invasione. L’impatto della politica del rifiuto sulla magra di cibo è ben evidenziato”, afferma.
Alcuni diari scritti da ufficiali britannici responsabili dell’amministrazione dell’India mostrano che per mesi il governo Churchill ha respinto richieste urgenti per l’esportazione di cibo in India, temendo che ciò potesse ridurre le scorte nel Regno Unito e che avrebbe allontanato le navi dallo fronte bellico.
Le note rivelano anche il comportamento del primo ministro britannico. Durante una discussione governativa sulla risoluzione della carestia, il segretario di stato per l’India Leopold Amery riportò che Churchill asserì che ogni aiuto inviato all’India sarebbe stato insufficiente perché gli indiani “si riproducono come conigli”.
“Non possiamo incolparlo di aver causato la fame in ogni caso. Ciò che possiamo dire è che egli non ha aiutato quando ne aveva la possibilità, e possiamo accusarlo di aver dato priorità alle vite degli europei a scapito di quelle dell’Asia del sud, che fu abbastanza spiacevole visti i milioni di indiani che servivano sotto l’egida dell’Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale”
dice la signora Khan.
Alcuni nel Regno Unito sostengono che mentre Churchill potrebbe aver fatto commenti sgradevoli sull’India, ha in realtà provato ad aiutare e i ritardi furono causati da problematiche inerenti alla guerra.
Ma milioni di persone perirono sotto il suo governo, per la mancanza del bene primario per antonomasia: il cibo.
Achibald Wavell, Viceré dell’India al tempo, ha descritto la carestia bengalese come uno dei disastri più grandi accaduti durante il dominio inglese.
I sopravvissuti dicono di sentirsi arrabbiati. “C’è una piccola corrente di pensiero che si aspetta che il governo Inglese esca allo scoperto e si pronunci dispiaciuta per quanto ha fatto all’India durante quei giorni”, dice il signor Chatterjee.

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Anche molte persone nel Regno Unito si interrogano sull’eredità del dominio coloniale, e dei suoi leader. Lo scorso mese, durante una protesta che faceva parte del movimento Black Lives Matter, la statua di Churchill nel centro di Londra è stata imbrattata.
“Io non sono favorevole alla distruzione o al vandalismo delle statue”, afferma lo storico indiano Rudrangshu Mukherjee. “Ma credo che, nella placca sotto le statue, dovrebbe essere riportata la storia completa, che Churchill era un eroe nella Seconda Guerra Mondiale, ma che fu anche responsabile per la morte di milioni di persone nel Bangladesh nel 1943. Penso che l’Inghilterra lo deve agli indiani e a sé stessa”.
Giudicare il passato attraverso gli occhi del presente potrebbe lasciare il mondo senza eroi. Anche Gandhi, il leader dell’indipendenza più amato in India, fu accusato di avere delle vedute razziste. Ma è difficile fare del progresso senza accettare la totale verità della vita.
I lavori dell’icona della mia infanzia Enid Blyton hanno subito forti accuse di razzismo e sessismo. In quanto adulta, ho visto attraverso la scorta di libri che mia sorella ed io abbiamo lasciato a casa dei nostri genitori, e riesco a vedere le prove delle accuse.
Li butterei tutti? No. I momenti belli che rievocano non vengono contaminati da ciò che so adesso. Ma non li darei ai figli della mia famiglia. Meritano di leggere storie scritte in un mondo più egualitario.
(Traduzione da BBC News a cura di Giuseppe Balbi)
Mi chiamo Giuseppe Balbi e sono uno studente al terzo anno del corso di laurea triennale in Lingue e culture comparate, presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Le lingue nelle quali mi sto specializzando sono Inglese e Giapponese, con una tesi di laurea su Yukio Mishima. Mi è sempre piaciuta l'idea di scrivere online!