Dara Shukoh: il principe teologo

Nato nel 1615 da una madre persiana, Mumtaz Mahall (in onore della quale fu fatto costruire il Taj Mahal) e da Shah Jahan, il giovane Dara Shukoh era di madrelingua persiana.

Principe primogenito della dinastia indiana dei Mughal, fu eletto dal padre Shah Jahan come erede, ma per via delle vicissitudine politiche che accompagnavano ogni transizione di potere, fu rimpiazzato dal fratello Aurangzeb, che lo fece uccidere in prigione nel 1659. Con la morte di Dara Shukoh e i suoi alleati, Aurangzeb poté completare la sua ribellione contro il proprio padre al fin di conquistare il potere. Questa violenza politica non era rara nelle dinastie timuride (ovvero quelle dinastie che discendono da Tamerlano, che conquistò Delhi nel 1398), e Shah Jahan stesso si era ribellato contro il padre Jahangir: infatti, egli tenne in prigionia il giovane Dara Shukoh, presto confrontato alla realtà della politica moghul.

Dopo questo periodo di prigionia, che durò fino ai suoi tredici anni, il principe fu istruito nelle arti e nelle scienze, imparando fra altre cose l’arabo, la calligrafia e le scienze islamiche. Più tardi nella sua vita, Dara Shukoh imparerà anche il sanscrito, e realizzerà traduzioni importanti di testi dal sanscrito al persiano.

Nonostante la sua attitudine spesso arrogante e spregevole, Dara Shukoh non si distinse mai per le sue abilità politiche o militari, volentieri prendendo le cose alla leggera o dimostrando una scarsa valutazioni delle proprie risorse. La sua sconfitta a Qandahar nel 1652 rimase famosa, rafforzando l’inimicizia fra Dara Shukoh e Aurangzeb. Questi in effetti fu preso in giro dal fratello maggiore quando fu sconfitto una prima volta nel tentativo di riprendere Qandahar; ma quando Dara Shukoh fu battuto, nonostante la sua fiera lettera di vittoria al nemico, Aurangzeb vendicò il suo onore. Protetto da suo padre, Dara Shukoh fu richiamato alla corte mentre Aurangzeb, che aveva adirato il padre, fu fatto governatore del Deccan. Questo scontro fu un ulteriore tassello nell’inimicizia fra i fratelli.

Dara Shukoh non si distinse quindi in quanto capo militare e leader politico, ma è ricordato per la sua erudizione e i suoi studi di teologia comparata, un ambito dove fu un pioniere. Benché musulmano ortodosso, e praticante sufi della Qadiriyya, si interessò molto alle filosofie indiane, in particolare al Vedanta, che egli riteneva una rivelazione valida e autorevole come il Corano, di cui egli diceva essere un commentario. Scrisse trattati di teologia comparata, il cui più famoso è il Majma al-bahrayn, o Congiunzione dei due oceani, nel quale analizza e spiega le filosofie indiane e le paragona all’Islam. Si dedico’ per altro alla traduzione di numerose opere filosofiche, come nel suo Sirr-e akbar, o Grande essenza, dove 50 Upanishad sono tradotte. Va segnalato che le prime traduzioni nelle lingue europee (spesso in latino) delle Upanishad nell’ottocento erano basate su queste traduzioni persiane piuttosto che sull’originale sanscrito.

Dara Shukoh credeva che si potesse e dovesse guardare alle scritture indiane con rispetto, e che esse contenevano elementi di verità, senza mai però rimettere in questione la sua appartenenza all’Islam e la superiorità di esso. Nel dimostrare interesse per le opere scritte in sanscrito, Dara Shukoh continua una tendenza di patrocinio degli intellettuali indiani da parte dei dinasti moghul iniziata da Humayun, ma il cui esempio migliore fu quello di Akbar, suo bis-nonno.

Dara Shukoh a cinque anni ammira gemme con il padre Shah Jahan
Fonte: Encyclopaedia Islamica.

Gli interessi di Dara Shukoh, come i precedenti dinasti, non si limitava ai libri, ma fu anche un grande amante di gemme e gioielli, collezionati dai sovrani moghul. Va ricordato che nel periodo pre coloniale, l’India mughal era il paese più ricco del mondo, rappresentando fino al 25% del PIL mondiale. Esiste nella collezione del Metropolitan Museum of Art un ritratto di Dara Shukoh a cinque anni, datato circa del 1620, che guarda e ammira con suo padre Shah Jahan alcune preziose gemme della sua collezione. Le sue attività si estendevano anche alla caccia e all’arte della pittura.

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Io sono stato interessato all’India da quando sono piccolo, e se prima guardavo più al cibo che alla filosofia, con il crescere e il maturare mi sono avvicinato allo studio delle lingue e delle culture dell’India. Dopo una formazione generale in Francia, mi sono formato in parte nello studio delle lingue indo-europee, del persiano e dell’ebraico all’INALCO e all’EPHE di Parigi, due istituti universitari francesi. Ora sono studente all’Orientale di Napoli, dove studio il sanscrito. In parallelo, porto avanti una ricerca sulla formazione dello induismo moderno a Parigi.