Gli animali sono in stretta relazione col mondo degli dei: nei riti, culti e credenze, questi, fin da tempi antichissimi, hanno avuto un ruolo fondamentale che ancora oggi perdura. Ogni animale, ha una forza magica e simbolica, espressa in ciascuna delle tre religioni più importanti dell’India: induismo, buddhismo e jainismo. Tra i vari animali sacri all’induismo, la posizione di massimo rilievo spetta alla vacca sacra, venerata come Gau mata o “madre mucca”, in quanto rimanda alla fertilità e all’abbondanza, e simboleggia la generosità della terra.
In India le vacche si aggirano indisturbate nell’intenso traffico indiano e sono circondate da un atteggiamento rispettoso da parte di tutti i cittadini. Non troverete mai un autista che si arrabbi perché costretto a fermarsi o a cambiare strada a causa di una mucca sdraiata sulla sua corsia.
Il rispetto millenario per la vacca ha avuto come esito che, oggi, in India, sul 3% della superficie della terra, vivano circa 237 milioni di bovini che coesistono simbioticamente con l’uomo.
Anche il Mahatma Gandhi giocò un ruolo essenziale nel promuovere la sacralità della vacca in India e in un suo celebre discorso affermò: “La reale essenza dell’induismo sta nella protezione della vacca, personificazione del mondo pre-umano, fonte di ricchezza, base dell’agricoltura, madre del popolo”.
Le origini della Sacralità secondo la tradizione
La prima leggenda sulla sacralità della vacca si ritrova nel Mahabharata, testo sacro tra i più importanti della religione induista. C’è un mito infatti che ci racconta proprio come sia nata la venerazione:
“Un re di nome Vena era così malvagio che i saggi dovettero ucciderlo, ed essendo senza eredi, gli strizzarono il polso destro da cui nacque Prithu. Anni dopo ci fu una grande carestia e il re Prithu armato di arco e frecce costrinse la terra a nutrire il suo popolo. La terra prese le sembianze della vacca e lo implorò di risparmiarla, in cambio del latte con cui poteva sfamare tutto il suo popolo. E da allora la vacca si munge, ma non si uccide.”
Nel Bhagavad Gita invece, la mucca cosmica è conosciuta come Kamadhenu, la “vacca che realizza i desideri”, nata secondo la leggenda durante il “frullamento dell’oceano di latte” al quale parteciparono le divinità deva e i demoni asura.
Nell’archetipo celestiale la vacca è adorata da un personaggio regale. Sul corpo dell’animale è raffigurato il mondo divino dove trovano spazio tutte le divinità: il sole e la luna sono i suoi occhi, il corpo è abitato dalle divinità, saggi, veggenti e sulle zampe si vedono le principali catene montuose. Ai piedi vi è accovacciato un vitello che allude alla virtù dell’amore, il sentimento materno, fatto di tenerezza e protezione che è chiamato vatsalya da vasta “vitello”.
Spesso la mucca cosmica è sovrastata da tre busti o raffigurazioni delle tre somme divinità maschili: Brahma, Vishnu e Shiva con le tipiche caratteristiche iconografiche che le contraddistinguono.
Il ruolo storico della vacca
Ricerche archeologiche hanno mostrato l’esistenza del culto del toro già presso la civiltà degli Harappa (3000-1700 a.C.), mentre il culto della mucca allora era meno diffuso e crebbe solo in età vedica, nonostante ancora l’animale non venisse considerato sacro e la sua carne poteva essere consumata. Nei secoli a venire però, il bestiame e la sua sacralità iniziarono ad assumere una maggiore rilevanza, in quanto di vitale importanza per l’economica. La figura della vacca ben presto venne associata al rituale religioso e addirittura allo stesso sacerdote brahmano. Se l’uccisione di un brahmano è considerato il crimine più grave in India, così pure l’uccisione o la macellazione di una mucca viene intesa come un atto gravissimo.
Il primo divieto per la macellazione apparve verso il 1527, durante il regno di Mughal Zahir ud-din Muhammad Babur. Durante la dominazione Inglese la macellazione delle carne bovina causò nuovamente molte problematiche e lo stesso Mahatma Gandhi si fece portatore del “Gauraksha” (protezione della mucca) prorogando l’idea di vietare la macellazione delle mucche e ricordando i sacri principi hindù come la non violenza. ahimsa, il vegetarianismo e l’amore materno.
“Il dovere di non uccidere animali, e quindi di proteggerli, deve essere accettato come fatto incontestabile. Va perciò ascritto a maggior merito dell’Induismo l’aver prescritto la protezione della vacca come dovere. Mentre è un difetto dell’Induismo la mancata estensione della protezione ad altri animali. La vacca non è che un simbolo, e la protezione della vacca è il minimo che ci si possa attendere da un Indù. […] La filosofia della protezione della vacca perciò, a mio avviso, è sublime. Pone immediatamente gli animali allo stesso livello dell’uomo per quel che riguarda il diritto alla vita. […] Quando vedo una vacca non vedo un animale da mangiare. Essa per me è un poema di pietà” Mahatma Gandhi
Così se all’inizio gli induisti macellavano le vacche e ne mangiavano la carne, con il tempo si radicò l’idea e il principio di non abbattere più i bovini, in quanto una vacca viva era senza dubbio più produttiva. Oggi la costituzione indiana protegge i bovini e ogni stato ha una propria legislazione in materia, ma la maggior parte ne vieta la macellazione.
photo credit: Riccardo Romano
Mi chiamo Selene Sara Molica e sono laureata in lingue e culture Orientali e Africane, presso l’Università Orientale di Napoli. Durante il mio percorso universitario mi sono dedicata all'apprendimento delle lingue Hindi e Cinese, concentrandomi in particolar modo sull'approfondimento della cultura, delle religioni e della filosofia indiana e della letteratura Sanscrita. Attualmente ricopro il ruolo di coordinatrice presso l'associazione Sakshi e la ONLUS Glocal Cities.