Anish Kapoor in mostra a Venezia

Doppio appuntamento a Venezia con Anish Kapoor. Tra la mostra alle Gallerie dell’Accademia e quella a Palazzo Manfrin, sono esposte in totale sessanta opere. La visita ha un carattere retrospettivo, un “collage” della vita dell’artista che parte dai lavori chiave della sua carriera e si chiude con le opere inedite. Mentre alle Gallerie l’esposizione si conclude ad ottobre, a Palazzo Manfrin è permanente. Dal 2021 il palazzo è infatti una delle sedi dell’Anish Kapoor Foundation che, in futuro, oltre ad esporre le opere di Kapoor, ospiterà eventi e mostre dedicati alla scena contemporanea mondiale. 

Classe ’54, madre ebrea irachena e padre indiano punjabi, il celebre scultore ha lasciato Mumbai da giovane spostandosi in Israele e poi in Inghilterra per completare gli studi d’arte. Nel 1990, Anish Kapoor ha rappresentato la Gran Bretagna alla 44° Biennale di Venezia aggiudicandosi il Premio Duemila. Numerose anche le onorificenza civili, Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico nel 2003 e Knight Bachelor “per i servizi alle arti visive” nel 2013. Un altro importante titolo conferitogli è il Padma Bhushan, terza onorificenza civile più alta della Repubblica indiana. 

Come disse lo scultore durante un’intervista, “i titoli dei miei lavori sono parte integrante dell’opera”. Difficile infatti orientarsi senza. Tre colori primeggiano all’interno delle stanze, rosso, bianco e nero, dai quali Kapoor raramente si scosta sia nelle opere pittoriche che nelle installazioni scultoree esposte nelle Gallerie dell’Accademia. 

Anish Kapoor in mostra a Venezia
There are Always two deaths I e II: Anish Kapoor in mostra a venezia: Pic : Maria Casadei

Tra i suoi ultimi lavori, uno dei più toccanti è forse There Are Always Two Deaths I e II (2021), due pannelli accostati a pochi centimetri di distanza. Più della forma (difficilmente identificabile, forse il cratere di un vulcano?), è il contrasto tra il rosso e il nero a catturare l’attenzione suggerendo il significato dell’opera. Ogni cosa, come una ferita, presenta sempre due lati, uno superficiale e uno più profondo, uno visibile e uno più nascosto. In un’ottica dualista, una parte simboleggia il corpo, l’altra l’anima e lo spirito. I due quadri trasmettono così sia complementarietà che antagonismo. L’elemento di unione è dettato dal colore, un fumogeno rosso che si alza timidamente dal pannello di sinistra verso il lato destro, dove si fa spazio occupando tutta la tela. L’antagonismo è invece espresso per ciò che si intravede sulla superficie del cratere, quest’ultimo distinto dal resto della figura per i grumi e le pennellate di colore rossastro.

Mother as mountain: Anish Kapoor in mostra a venezia, Pic: Maria Casadei
Mother as mountain: Anish Kapoor in mostra a venezia, Pic: Maria Casadei

Particolarmente interessanti sono poi gli esperimenti con il Vantabalck, il pigmento nanotecnologico di colore nero capace di assorbire il 99.96% della luce, di cui l’artista ha acquistato i diritti dalla società inglese Surrey NanoSystem per l’utilizzo esclusivo in arte. “La pittura aiuta a rappresentare gli oggetti e dare loro un aspetto, ma io dò loro la possibilità di scomparire”, ha dichiarato Kapoor durante un’intervista al The Guardian.

Il tema della fertilità e della maternità costituisce un filo che collega diversi lavori dell’artista nel corso della sua vita. Mother as Mountain (1985) e Pregnant Within Me (2022) ne sono un esempio. Nel lavoro del 1985, la figura materna si erige direttamente dal terreno, creando una montagna di color nero. Il lato frontale, a forma di seme, presenta due aperture che ricordano il corpo stilizzato femminile. In Pregnant Within Me, la maternità è rappresentata da un enorme corpo ovale bianco, posto orizzontalmente, che fuoriesce dalla parete come una massa uniforme e perfettamente tonda. Nonostante all’inizio possa risultare ingombrante, dopo qualche passo la sua presenza diventa naturale, infondendo all’interno della sala un’energia luminosa e confortante. 

Ciò che accumuna quasi tutte le opere di Kapoor in mostra a Venezia è l’unione con lo spazio e l’ambiente circostante che le ospita. Questa fusione, per niente scontata, è frutto di uno studio attento ed una ricerca artistica volta a conferire al luogo di esposizione un ruolo all’interno dell’opera stessa. Il percorso della mostra risalta per la sua semplicità e naturalezza, il cui ritmo lento tende a far scivolare lo spettatore in un caldo flusso di coscienza, che prende forma e si dissolve con divertimento grazie ai continui giochi di prospettiva. 

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Laureata Magistrale all’Università di Napoli L’Orientale, ho conseguito la laurea triennale all’Università di Venezia con la tesi “Ascetismo: i rituali della rinuncia”. I miei studi si sono concentrati soprattutto sullo studio della lingua Hindi e Urdu con un particolare interesse verso le religioni e le culture di questi due paesi. L’esperienza di studio presso l’Istituto Nazionale di Lingue e Civiltà Orientali di Parigi (INALCO) mi ha permesso di intraprendere lo studio della lingua telugu che mi ha portato ad avvicinarmi all’India del sud e, in particolare, alla sua evoluzione linguistica, letteraria e politica.